Successo di Eni

Una scoperta che alimenta la speranza

In un paese in cui lo Stato è abituato a collezionare una débacle dietro l’altra, fa piacere vedere che vi si sono ancora dei reparti capaci di successi come l’Eni. Non sempre fummo d’accordo con le scelte dell’ingegner Mattei, ma non c’è dubbio che egli seppe lasciare un’impronta indelebile sul management di questa azienda, che la distingue ancora in Italia ed all’estero. Con tutta la dovuta circospezione, la scoperta del mega-giacimento di gas nelle acque egiziane è un evento di grande rilevanza. Gli 850 miliardi di metri cubi di gas naturale, in appena 100 kmq di spazio marino del “Zohr Prospect”, descrivono il più grande giacimento finora scoperto fra Gibilterra ed il Bosforo. Si aprono innanzitutto delle prospettive nuove per l’Egitto di Al-Sisi. Eni aveva firmato accordi con investimenti per 5 miliardi di dollari accettando la scommessa del Cairo di esplorare lo spazio off-shore. In solo cinque mesi, Descalzi ha consegnato ad Al-Sisi la possibilità di emanciparsi nei prossimi decenni dalla dipendenza energetica da Mosca. Per far sopravvivere l’Egitto alla morsa della jahd, serve una crescita del benessere collettivo che possa andare ben oltre l’inaugurazione del raddoppio del Canale di Suez. Il governo egiziano ora dispone questa opportunità formidabile. Non che l’Italia non abbia un bel vantaggio. Anche il nostro approvvigionamento energetico è legato alle forniture dalla Russia, ostacolate dalle guerre civili in Ucraina e dalle sue conseguenze ben poco incoraggianti, per non parlare della crisi in Libia che pregiudica i nostri stabilimenti in Nordafrica. Solo di recente erano stati sequestrati quattro tecnici italiani nei pressi del terminal energetico di Mellitah, in Tripolitania. Prima che Bernardino Leon riesca a ricomporre una concordia nazionale, Eni è riuscita a scoprire il gas in Egitto. Potersi spostare nel Mediterraneo Orientale diventa ora una possibilità concreta anche perché insieme alla scoperta di Eni in Egitto vi è l’interesse di Edison per due giacimenti del gas naturale israeliano: Karish e Tanin, ed il gas naturale di Cipro. Il povero Mattei doveva cercare energia per l’Italia in un mondo i cui conflitti apparivano inestinguibili ed i i cui Stati erano quasi tutti ostili nei nostri riguardi. Riuscì lo stesso in un’opera notevole. L’Eni di oggi è più fortunata, perché anche se le relazioni internazionali sono nuovamente precipitate, ecco dischiudersi un’area di approvvigionamento fra Paesi legati all’occidente ed in buone relazioni fra loro. Magari è ancora presto per parlare di una genesi di un club di Paesi del Mediterraneo dotati di alta tecnologia e risorse naturali, in grado di dare vita ad un polo energetico alternativo ai colossi di Mosca e del Golfo. Comunque grazie ad Eni possiamo iniziare a sperare in un progetto del genere. Cogliamo anche l’occasione per dare una risposta, seppur parziale, a coloro che più meno ogni venti, trent’anni lamentano un mondo finito che non può disporre di risorse infinite. Mai sottovalutare la grandezza e la ricchezza del nostro mondo, che non si riflette in quella piuttosto modesta della nostra intelligenza. Per questo spesso sfugge un aspetto essenziale che consente alla terra di andare avanti da miliardi d’anni, quale la riproduzione e la trasformazione delle componenti chimiche fondamentali, per cui in verità, quasi nulla si distrugge in un ciclo, che Bergson avrebbe definito uno “slancio” vitale.

Roma, 1 settembre 2015